martedì 21 gennaio 2025

NASCE IL SITO DI ANNA TRUST


Una nuova piattaforma globale per la cura delle religiose anziane




Con il sostegno dell’iniziativa Catholic Sisters della Conrad N. Hilton Foundation negli Stati Uniti, una nuova fondazione cattolica, con sede a Roma,  Anna Trust per la cura delle suore anziane, ha lanciato il suo sito web www.annatrustfoundation.org
Le organizzazioni fondatrici sono: l’Unione Internazionale delle Superiore Generali (UISG) e quattro congregazioni religiose – le Missionarie di Nostra Signora degli Apostoli, la Congregazione di Gesù, Maria, Giuseppe, le Missionarie del Preziosissimo Sangue e le Suore di San Giuseppe Benedetto Cottolengo.

Anna Trust è la prima fondazione ad avere come obiettivo la cura della dignità delle suore cattoliche di età avanzata a livello globale, adottando un approccio interculturale che rispecchia la diversità delle suore e delle loro comunità nel mondo.
Gli istituti di suore cattoliche stanno invecchiando, spesso con risorse finanziarie o sanitarie insufficienti per sostenere i loro membri anziani. Questo fenomeno non riguarda solo gli Stati Uniti e l’Europa. Secondo uno studio della Georgetown University Center for Applied Research in the Apostolate, circa il 30% delle suore cattoliche in Kenya e Zambia e il 50% delle suore cattoliche in Messico hanno più di 60 anni.

Anna Trust realizzerà progetti innovativi di finanziamento e programmi educativi a livello globale, con l’obiettivo di sviluppare approcci efficaci e sostenibili per la cura delle suore anziane e di promuovere competenze per l’assistenza all’interno delle stesse comunità religiose.
 
Il Consiglio di Amministrazione di Anna Trust è composto da suore e laici con esperienza nella cura degli anziani, nella demenza e nell’educazione. La presidenza del Consiglio è condivisa da suor Patricia Murray, ibvm, D.Min., Segretaria Esecutiva dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali a Roma, e suor Teresa Maya, CCVI, PhD, Direttore Senior per la Teologia e il Patrocinio della Catholic Health Association degli Stati Uniti.
Suor Patricia Murray osserva: “La creazione di Anna Trust pone un punto esclamativo globale sull'importanza di garantire dignità durante l’età avanzata delle suore. Sottolinea anche l’impegno più ampio della Chiesa e della vita consacrata verso gli anziani in un mondo che invecchia.”

Suor Teresa Maya aggiunge: “Anna Trust porta un nome significativo: non è solo un ‘trust’ finanziario, ma anche un’espressione di fiducia che le suore anziane, specialmente in contesti vulnerabili, possono avere nella solidarietà globale tra le sorelle.”

Anna Trust sarà guidata dalla Direttrice Esecutiva Susan Raymond, Ph.D., esperta nella creazione e nel finanziamento di organizzazioni non profit e fondazioni a livello globale. È anche autrice di numerose pubblicazioni sui sistemi sanitari e sulle questioni finanziarie legate all’invecchiamento demografico globale. “Abbiamo compiuto i primi passi di un lungo cammino,” ha dichiarato. “Anna Trust è impegnata a trovare soluzioni per garantire dignità alle suore anziane che hanno dedicato la loro vita ai poveri. È un dovere sacro offrire loro i nostri migliori sforzi per proteggere il loro futuro e quello di tutti gli anziani.”

Contatto: chair@annatrustfoundation.org

domenica 19 gennaio 2025

 

Suor Linda Pocher: «Lavoro insieme a Papa Francesco per smaschilizzare la Chiesa. Gesù insegna la parità davanti a Dio»

di Francesca Visentin

Suora, teologa e filosofa, il pontefice le ha affidato il compito di lavorare per la parità: «Donne diacone, si va avanti. Nella Chiesa asimmetrie di potere da risolvere come nel resto della società»

«Il maschilismo è una realtà contraria al Vangelo, la direzione giusta è la valorizzazione di donne e uomini». Parole di Papa Francesco, che hanno innescato un percorso di «smaschilizzazione» della Chiesa, chiamato proprio così. In prima linea c’è una suora, teologa e filosofa friulana, suor Linda Pocher, docente di Cristologia e Mariologia alla Pontificia facoltà Auxilium di Roma e nella Pontificia Accademia Mariana Internazionale, a cui il pontefice ha affidato il compito di lavorare per la parità. Su mandato del Papa suor Linda Pocher ha organizzato, sia per lui che per il Consiglio dei cardinali, incontri di formazione sul tema. Un lavoro raccolto nel libro Smaschilizzare la Chiesa (Edizioni Paoline) con la prefazione di Papa Francesco, che illustra i molti modi in cui nella Chiesa la differenza di genere è stata interpretata e attuata come disparità. Nel volume, Linda Pocher con Lucia Vantini e Luca Castiglioni affrontano i nodi critici, liberando il Vangelo dalle interpretazioni che hanno nascosto e emarginato le donne. Proprio il Papa ha ribadito più volte: «Uno dei grandi peccati che abbiamo avuto è “maschilizzare” la Chiesa», anche davanti alla Commissione teologica internazionale. Su questi temi si sono confrontati fino a sabato 18 gennaio a Padova sacerdoti, teologi e teologhe nel convegno «Smaschilizzare la Chiesa? Per una Chiesa di donne e di uomini», organizzato da Istituto superiore di Scienze religiose di Padova e Irecoop Veneto. E suor Pocher ha ribadito la necessità di una presenza femminile paritaria all’interno della chiesa.

Suor Linda Pocher, la chiesa marginalizza le donne, soprattutto al vertice?
«Il contesto è particolarmente maschile e ci sono assimetrie di potere, come in ogni altro ambito della società».

Cosa significa «smaschilizzare» la chiesa?
«È una espressione utilizzata da Papa Francesco, che sente l’esigenza di dare più spazio alle donne, di eliminare disparità. Da questo è nato un itinerario formativo con i cardinali. Gesù ha sempre dato pari dignità a uomini e donne. Ora il tempo è maturo per riscoprire questa buona notizia: la parità davanti a Dio».

Lei ha spiegato che le riflessioni contemporanee partono dal confronto critico sul principio «mariano-petrino» del pensiero di Hans Urs von Balthasar.
«È un pensiero che dovrebbe valorizzare le differenze, ma che in realtà marginalizza le donne idealizzandole e funziona come legittimazione di privilegi e ingiustizie. Oggi cerchiamo di dare vita a una cultura del “noi”, della complessità, dell’interconnessione, di libertà della e nella differenza».

E la questione del diaconato femminile?
«Le ricerche in materia dimostrano che non ci sono impedimenti teologici, ma rimane un tema di forte polemica, soprattutto a livello gerarchico ancora non c’è accordo. Se ne è parlato anche durante il Sinodo e la grande novità del Sinodo è proprio il fatto che il Papa ha dato la possibilità di discutere in un luogo riconosciuto istituzionalmente di temi che erano quasi tabù come l’ordinazione delle donne. Adesso ci sta lavorando un gruppo di studio interno al Vaticano: è un percorso che arriverà a un risultato».

Quanto tempo ci vorrà ancora perché il diaconato femminile diventi realtà?
«Il Papa vuole che ci sia un sufficiente consenso ecclesiale, che ancora deve maturare. Ma è un percorso avviato».

Oggi in tante parrocchie le donne, anche laiche, per la carenza di sacerdoti, hanno l’abilitazione a dare la comunione. Un’esperienza già avviata in tante città d’Italia, che sta facendo anche la diocesi di Padova.
«Per la Chiesa la condizione della donna oggi non è certo quella di 70 anni fa e questo tipo di realtà già operative, i ministri e le ministre straordinarie della comunione, sono segnali precisi. Quello che deve ancora maturare è la parte istituzionale giuridica».

Arriverà la parità di genere dentro la Chiesa?
«È una questione di giustizia. Va realizzata perché è giusto, non per una questione di marketing. E nel rispetto del Vangelo: Gesù è sempre andato oltre le differenze di genere e ha sempre dato pari dignità a uomini e donne. All’origine dell’esperienza cristiana c’è forte parità davanti a Dio, è tempo di riscoprirla».

La Bibbia è maschilista?
«Se ci si slega da visioni stereotipate, nella lettura di scene bibliche che riguardano Maria, si intravede una storia di forte protagonismo femminile: oltre che madre di Gesù è discepola, educatrice, lo introduce al mondo esperienziale e lo porta a dispiegare le ali».

Pensa che il diaconato femminile farà aumentare i fedeli o li allontanerà?
«Ci saranno persone nuove che si avvicineranno alla Chiesa e altre invece ne saranno infastidite e potrebbero allontanarsi. Ma è un cambiamento giusto e necessario».



Cattolicesimo e istituzioni nevrotiche

https://drive.google.com/file/d/1HXyJDC7D0XhDasfvpVdDuLhihtMnyYxZ/view?usp=drive_link

lunedì 13 gennaio 2025

Suor Daria Panast

 

Ucraina, la storia di una suora ferita dalle bombe: aiuto la gente a non chiudere il cuore

Daria Panast, religiosa della Congregazione di San Giuseppe, racconta il suo servizio a Kharkiv, città martellata dai bombardamenti russi: quando sono stata colpita sembrava che la mia vita stesse per finire. "Da un lato percepisci che Dio non ti abbandona, dall'altro ti chiedi se sei davvero pronta a dare la vita fino alla fine”

Svitlana Dukhovych - Città del Vaticano

Suor Daria Panast, della Congregazione di San Giuseppe, ha subito gli orrori della guerra non solo nell'anima ma anche nel corpo: nel gennaio 2023 lei e un sacerdote greco-cattolico sono rimasti feriti vicino al villaggio di Lyptsi, nella regione di Kharkiv, in seguito a un attacco di artiglieria dell’esercito russo che ha colpito la vettura della Caritas locale a bordo del quale i due viaggiavano assieme a due operatrici. Sono passati quasi due anni da quell’evento e suor Daria continua a svolgere il suo servizio nella città insieme a un’altra consorella. In un'intervista rilasciata ai media vaticani, la religiosa parla della sua esperienza, in cui si intrecciano sentimenti umani di paura e sofferenza alla consapevolezza del bisogno di affidarsi a Dio, di riconoscere la sua presenza nelle persone e nelle circostanze.

                                 Suor Daria Panast in studio durante l'intervista ai media vaticani

Fiducia in Dio oltre la paura

«I momenti più difficili - racconta la religiosa - sono quando avvengono i bombardamenti. Spesso accade di notte, quando non te lo aspetti. È difficile anche quando sono molto vicini. Naturalmente prego il Signore per ci protegga, ma sono umana e c’è sempre la paura che il prossimo missile possa colpire la nostra casa. Uno dei momenti più pesanti è stato quando sono stata ferita. Sembrava che la mia vita stesse per finire. In un certo senso avevo dei sentimenti contrastanti. Da un lato senti che Dio non ti abbandona, ma dall'altro ti chiedi umanamente se sei davvero pronta a dare la vita fino in fondo». La religiosa supera la paura e la sofferenza «affidando tutto - dice - nelle mani di Dio e vivendo giorno per giorno»: «Questa è l'unica cosa che mi fa andare avanti e non mi permette di disperare».

Dove la fede è stata spezzata

Dopo essersi ripresa dalle ferite, suor Daria Panast, che proviene dall’ovest dell’Ucraina, ha deciso di rimanere a Kharkiv che, come tutto l’est Paese, in un certo senso può essere considerato un territorio del primo annuncio cristiano. Tanti anni di propaganda ateista hanno lasciato segni profondi, è stata interrotta la catena della trasmissione della fede da una generazione all’altra. «Però - sostiene la religiosa - sento che qui mi sto radicando. Mi piace molto la semplicità e l’apertura della gente locale. Davvero sono alla ricerca di Dio, hanno il desiderio di conoscerlo. Poi alla Caritas dove lavoro incontro molte persone e vedo quanti di loro stanno soffrendo, per cui voglio stare con loro. Sento che Dio vuole che io sia lì e Lui è sicuramente lì con me».

La strada per ogni cuore

Nonostante le serie sfide suor Daria trasmette serenità, risultato del suo impegno e della preghiera di tutti i giorni. «Ogni mattina - rivela - chiedo a Dio una benedizione per me e per le persone che incontrerò e ogni volta che parlo con qualcuno, prego nel mio cuore per quella persona e chiedo a Dio di darmi le parole giuste per guarire il suo cuore. Capisco che a volte le parole possono essere inutili, ma il Signore conosce la strada per ogni cuore».

Suor Daria nella fila in basso a sinistra con alcune donne ucraine mentre mostrano disegni e dipinti

Angelo custode in ospedale

Quando intorno c’è tanta sofferenza e gli effetti del male sono tangibili, diventano più visibili per contrasto la generosità e le opere improntate al bene, che in tempi di tranquillità non erano così visibili. «Per me - osserva suor Diana - un chiaro segno di Dio è stato quando ero in ospedale dopo il bombardamento. C'era un giovane medico, che era ancora in fase di tirocinio. È stato davvero molto bravo nel curare la mia ferita che era piuttosto grave. Faceva sempre molte domande ed era molto attento. Ho pensato che attraverso questo giovane tirocinante il Signore mi ha mostrato che non mi aveva abbandonata».

La guerra ha cambiato tutto

Dall’inizio della guerra su larga scala sono passati quasi tre anni. Molte persone in Ucraina si sentono stanche ed esauste. «Che atmosfera si respira tra la gente a Kharkiv?», chiediamo alla religiosa. «La gente - risponde - vuole essere libera, questo è certo. Si, sono esausti, ma allo stesso tempo c'è un grande cambiamento, le persone stanno ripensando la loro vita. Nella nostra parrocchia sono venute molte persone nuove con le quali abbiamo dovuto ricominciare da zero: spiegare chi è Dio, cosa significa il segno della croce, ecc. Loro ci dicono che hanno completamente cambiato la loro visione della vita: hanno rinunciato a tante cose futili, i rapporti tra le persone sono mutati, le famiglie hanno iniziato a vivere in modo diverso. Kharkiv sta semplicemente cambiando e questa è una verità che non si vede con gli occhi, bisogna percepirla nel proprio animo. Le persone stanno davvero cambiando, vogliono essere un popolo, avere una propria identità, un'identità ucraina». Suor Daria aggiunge che è cambiato anche il modo di percepire i propri connazionali dell’ovest del Paese, perché a causa della guerra tanti hanno dovuto spostarsi anche in quelle regioni e hanno visto come stanno realmente le cose e si sono liberati da idee e pregiudizi imposti in passato dal regime sovietico.

Il lavoro è preghiera

«Qual è la cosa più importante per le persone consacrate in Ucraina oggi dal punto di vista spirituale?», domandiamo alla fine a suor Daria. La risposta è diretta: «Rimanere aggrappati al Signore, coltivare la preghiera, la preghiera interiore. Però la preghiera, il lavoro o il riposo sono tutti molto intrecciati nella vita consacrata. A volte il lavoro dedicato a Dio diventa preghiera».

Intervista al Cardinale De Aviz

mercoledì 8 gennaio 2025

Card. Fernández Artime, SDB, nuovo Pro-Prefetto DIVCSVA

 

Il Card. Fernández Artime, SDB, nuovo Pro-Prefetto DIVCSVA: “Accompagneremo con entusiasmo le gioie e le sfide della Vita Consacrata e dei Movimenti Apostolici”

Agenzia Info Salesiana - 07 Gennaio 2025

RMG – Il Card. Fernández Artime, SDB, nuovo Pro-Prefetto DIVCSVA: “Accompagneremo con entusiasmo le gioie e le sfide della Vita Consacrata e dei Movimenti Apostolici”

(ANS – Roma) – La Congregazione Salesiana esprime le sue più sincere congratulazioni a Sua Eminenza il Cardinal Ángel Fernández Artime per la sua recente nomina a Pro-Prefetto del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica (DIVCSVA), resa nota dalla Sala Stampa Vaticana ieri, 6 gennaio 2025, Solennità dell’Epifania. Con un’esperienza consolidata di dieci anni come Rettor Maggiore dei Salesiani di Don Bosco, il Cardinale Fernández Artime ha dimostrato una leadership esemplare e una dedizione instancabile al servizio della Chiesa e della comunità salesiana. Ora, appena nominato in questo nuovo incarico dal Santo Padre, ha condiviso con ANS alcune sue considerazioni.

Eminenza, qual è stata la sua reazione alla notizia della nomina da parte del Santo Padre?

Ieri, Solennità dell’Epifania, dopo la celebrazione con il Santo Padre nella Basilica di San Pietro, alle 12 ho avuto la notizia che nel Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica (DIVCSVA) il Papa ha nominato suor Simona Brambilla come Prefetto, e che ha creato questo nuovo servizio di Pro-Prefetto in quel Dicastero, che evidentemente ritiene particolarmente importante, chiedendomi questo servizio.

Devo dire che, naturalmente, negli ultimi mesi avevo conosciuto l’intenzione del Santo Padre e gli avevo dato la mia piena disponibilità, con un senso di fede e di obbedienza al Papa, come Salesiano di Don Bosco; e aggiungo anche che con una grande disposizione di cuore, per dare il mio contributo dopo questi anni di servizio nella Congregazione Salesiana, che sono stati di una grande ricchezza spirituale e umana per me.

Sono contento di questo servizio che mi chiedono, e sono pienamente disponibile, così come ho tutta la mia disponibilità nel mio servizio ecclesiale come membro del collegio cardinalizio, nell’accompagnare e assistere il Santo Padre, e anche nel mio servizio pastorale come vescovo, nelle varie necessità della Chiesa.

Cosa crede che l’attenda ora in questo nuovo servizio affidatogli dal Santo Padre? Cosa ne pensa, dopo tanti alla guida di una Congregazione maschile, di collaborare sotto la guida di una religiosa?

Ho avuto modo di conoscere e di parlare già diverse volte con il Prefetto Emerito del DIVCSVA, il Card. João Braz de Aviz, e con l’allora Segretaria, oggi Prefetto del Dicastero, suor Simona Brambilla, registrando sempre un clima ottimo di dialogo, di intendimento e di comunanza di visioni. Sono molto contento di questa realtà e sono convinto che il Santo Padre abbia indovinato la giusta composizione del Dicastero, che è senza dubbio la più ricca e opportuna per questo momento oggi.

Quali sono i sogni e le sfide che intravede nel suo nuovo incarico?

Su sogni, speranze, piani, prospettive… ancora non conosco in profondità il Dicastero, mentre conosco molto bene la Congregazione Salesiana e la vita consacrata, vissuta come consacrato e religioso. Ho soltanto una convinzione, che ho espresso già altre volte e che ribadisco. Credo che il Dicastero, attraverso la ricchezza delle 32 persone con cui collaborerò, compia un grande servizio, e per quello che ho visto e vissuto dal lato dei consacrati, dovremo fare tutto il possibile per illuminare la bellezza della vita consacrata e dei movimenti apostolici nella Chiesa.

Con il nostro umile servizio, a partire dalla Prefetto e con il mio contributo e quello di altre persone eccezionali, il Dicastero potrà anche incoraggiare, dare luce e discernimento alle Congregazioni e agli Istituti, e avvicinarsi ad essi e al mondo, nelle maniere più opportune. Accompagneremo con entusiasmo le gioie e le sfide della Vita Consacrata e dei Movimenti Apolostolici.

Come ho imparato come Rettor Maggiore, e come dicevo sempre agli Ispettori nei miei incontri con loro: “La vita è sempre più grande e più ricca delle sfide che ci si presentano nella quotidianità” e il Dicastero sarà molto di più che un ufficio per risolvere dei problemi. E dicevo questo nella consapevolezza che è Dio che accompagna la Congregazione Salesiana e lo dico oggi sapendo che è Dio che accompagna la Chiesa, presieduta dallo Spirito Santo, nella persona del Vicario di Cristo, il Santo Padre, oggi Papa Francesco, e che è il medesimo Spirito che deve guidare tutti i servizi e i Dicasteri, attraverso le mediazioni delle persone che ci sono chiamate ad operare.

Biografia

Ángel Fernández Artime, 64 anni, è nato il 21 agosto 1960 a Gozón-Luanco, nelle Asturie, Spagna; salesiano dal 1978, è stato ordinato sacerdote il 4 luglio 1987 a León. Ha conseguito la Laurea in Teologia Pastorale e la Licenza in Filosofia e Pedagogia. Nella sua Ispettoria di origine, quella di Spagna-León, è stato Delegato di Pastorale Giovanile, Direttore della scuola di Ourense, membro del Consiglio e Vicario ispettoriale e, dal 2000 al 2006, Ispettore. Nel 2009 è stato nominato Ispettore dell’Argentina Sud.

Nel dicembre del 2013 venne nominato Superiore dell’Ispettoria “Spagna-Maria Ausiliatrice” – incarico che tuttavia non ha mai svolto perché il 25 marzo del 2014, prima di essere insediato come Ispettore, è stato eletto dal Capitolo Generale 27, al primo scrutinio, come Rettor Maggiore della Congregazione Salesiana.

Confermato in tale incarico anche dal Capitolo Generale successivo, il 28°, nel 2020, durante il suo mandato da Rettor Maggiore, ha compiuto visite pastorali e di animazione in oltre 120 Paesi, portando un messaggio di speranza e unità. La sua grande esperienza nella guida e nel coordinamento della Famiglia Salesiana, che comprende 32 gruppi ufficialmente riconosciuti, ha contribuito a rafforzare i legami tra i suoi membri e a promuovere la missione educativa e spirituale della Congregazione.

Negli anni come Rettor Maggiore ha ricevuto 23 cittadinanze onorarie e il dottorato honoris causa in pedagogia presso l’Università di Palermo.

È stato annunciato come cardinale da Papa Francesco dopo l’Angelus di domenica 9 luglio 2023, e ha ricevuto la berretta e l’anello cardinalizi nel Concistoro Ordinario pubblico del successivo 30 settembre.

Il 17 dicembre 2023, il Card. Fernández Artime ha preso possesso della diaconia di Santa Maria Ausiliatrice in via Tuscolana, assegnatagli dallo stesso Pontefice, e il 20 aprile 2024 l’ordinazione episcopale nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore a Roma.

Il 6 gennaio 2025 è stato nominato Pro-Prefetto del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica (DIVCSVA).

Fabio Ciardi

 

Un futuro per la vita consacrata: lasciarsi guidare dallo Spirito

Lo Spirito fa la sua parte e manterrà presente e viva la vita consacrata. E la nostra? La nostra parte è lasciarsi guidare dallo Spirito, come lo sono stati i nostri fondatori e fondatrici. Nell’itinerario di fondazione essi procedevano per intuizione, andando avanti tanto quanto vedevano, o meglio, quanto lo Spirito dava loro di comprendere. Si sono mossi alla sua luce e hanno attuato con prontezza quanto vedono. Proprio per questo sapevano che il progetto che si apriva loro davanti non era umano e quindi si lasciavano guidare con docilità, pronti a cambiare rotta se egli glielo faceva capire. Non si ostinavano ad essere fedeli a quello che avevano capito fino a quel momento. Volevano essere fedeli alla conduzione di Dio, anche quando sembrava contraddittoria. Don Giacomo Alberione, fondatore della Famiglia Paolina, descrive così questa esperienza comune: «Ecco un semi-cieco, che è guidato; e col procedere viene di tanto in tanto illuminato, perché sempre possa avanzare: Dio è la luce». I nostri fondatori e fondatrici si sono lasciati guidare dallo Spirito nell’avventura evangelica. Noi, come loro!

Non si tratta di abdicare alla nostra volontà, quanto piuttosto di porre interamente forze, cuore, mente, tutte le proprie capacità a completa disposizione dell’azione creativa dello Spirito, in modo che possa compiere liberamente la sua opera. I nostri progetti, a confronto con i suoi, si rivelano meschini, angusti, poveri di senso. Mentre invece se ci abbandoniamo nelle sue mani, alla sua divina volontà, che vuole fare di ciascuno di noi un capolavoro, ci realizzeremo in pienezza. Soltanto grazie a questo atto, che per certi aspetti è un’autentica morte a noi stessi, può rivelarsi – quale atto di risurrezione e vita nuova – la bellezza e la novità del progetto di Dio su ciascuno di noi, infinitamente più ricco e sorprendente di quello che potremmo sognare. Bisogna ben possedere la propria vita per poterla donare. E donare la propria vita a Dio è il massimo atto di libertà, intelligenza e maturità umana. È legge evangelica: «chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà (Mt 16, 25). La docilità allo Spirito non è debolezza. È coraggio! Il coraggio di fidarsi di Dio, di credere che le sue vie non sono le nostre vie. Il coraggio di abbandonarsi alla avventura sempre nuova e imprevedibile della sequela di Cristo. Il coraggio di credere al Vangelo. Il coraggio di mettere tutta la vita interamente nelle mani di Dio. L’imperativo è dunque “ascoltare” la voce interiore dello Spirito.

Mi fa impressione vedere tanti religiosi e religiose con le cuffiette del cellulare incollate alle orecchie, connessi costantemente a internet. Se dedicassimo all’ascolto dello Spirito almeno lo stesso tempo che dedichiamo all’ascolto di internet… Nella conclusione di un libro dedicato alla vita consacrata è forse inopportuno scendere così in basso, ma viene da chiederci chi è il nostro influencer, di chi siamo followers, chi manipola le nostre coscienze, chi guida realmente la nostra vita, con chi siamo costantemente connessi... Occorrerebbe un discorso ben più serio e articolato sull’uso dei mezzi di comunicazione, un’opportunità unica, ma che può portare a un uso intensivo e ossessivo fino a generare dipendenze. Nello stesso tempo occorrerebbe parlare del “raccoglimento” – «tutta la vita dell’Oblato è un costante raccoglimento», leggiamo nella Regola degli Oblati di Maria Immacolata…

Perché allora non concludere con la grande Regola benedettina che per secoli ha guidato la vita consacrata occidentale? Essa è posta all’insegna dell’ascolto: «Ascolta, figlio…» (Prologo 1). L’invito orienta primariamente verso l’abate, ma egli è solo l’intermediario di un ascolto più profondo: quello della Parola di Dio, del Signore che parla: «Ascoltiamo la voce di Dio che ogni giorno si rivolge a noi…» (Prologo 9): «Che cosa vi può essere di più dolce per noi, fratelli carissimi, di questa voce del Signore che ci chiama?» (Prologo 19).

Dalla prima persona singolare si passa a quella plurale, all’intera comunità che insieme si pone all’ascolto dello Spirito. Allora la sua voce si fa più udibile e il discernimento più luminoso. Si tratta di diventare discepoli della parola “insieme”, ascoltandola – e il silenzio è la condizione per l’ascolto –, accogliendola, mettendola in pratica, condividendone le esperienze di vita che essa suscita. «Il Signore aspetta che noi ogni giorno rispondiamo con i fatti ai suoi santi ammonimenti» (Prologo 35). Benedetto invita a non scostarsi mai dal magistero di Dio, ma piuttosto a perseverare nel suo insegnamento, aiutandoci reciprocamente (cf. Prologo 50).

Cristo diventa così il centro del progetto del monaco e di ogni forma di vita consacrata: non possiamo avere «assolutamente nulla più caro di Cristo» (5, 2). La Regola si chiude con il celebre ammonimento: «nulla assolutamente antepongano al Cristo» (72, 11).

Il monaco è colui che accoglie incondizionatamente l’invito del Signore ed è pronto a seguirlo. Di qui l’idea di un cammino da intraprendere insieme senza indugi e senza mezzi termini, con grande serietà e radicalità, come lo esige Gesù dai suoi seguaci. L’intera vita monastica, come ogni altra forma di vita consacrata, è sotto l’immagine del viaggio: «Procediamo sulle sue vie, sotto la guida del Vangelo» (Prologo 21). Solo allora lo Spirito è libero di compiere l’opera sua, di “soffiare dove vuole” (Gv 3, 8) e di condurre per vie che solo Lui conosce. A noi la piena docilità.

Suor Sekantsi, celebrare 25 anni di vita consacrata "a piccoli morsi"