Roberta Barbi – Città del Vaticano
Da 35 anni vive nell’incantevole monastero di Santa Chiara a Biancavilla, in provincia di Catania, con la sua comunità di clarisse, ma per suor Cristiana Scandura celarsi al mondo non è stato chiudersi alla vita, semmai l’esatto contrario: “Da questo piccolo luogo – spiega ai media vaticani – abbraccio il mondo intero con la preghiera e l’offerta della vita, ma anche con l’ascolto, l’accoglienza e l’annuncio del Vangelo”. Da cinque anni, poi, ha scoperto quella che chiama “vocazione nella vocazione”: portare la misericordia e la tenerezza di Dio ai “fratelli carcerati” attraverso le riflessioni che ogni due mesi invia ai cappellani di tutti gli istituti di pena.
“Come Maria ai piedi della Croce”
Inizialmente suor Cristiana invia alcuni suoi spunti di catechesi al carcere di Catania, ma in pochi mesi le sue parole di fiducia e attenzione verso i detenuti letteralmente esplodono, tanto che la cercano da 230 istituti italiani. Da questa esperienza è scaturita una fitta corrispondenza con molti degli ospiti che vi sono rinchiusi: “I fratelli detenuti mi scrivono raccontandomi le loro storie e le loro sofferenze – racconta – ma anche come siano colpiti dal fatto di ricevere attenzione da parte di una suora, mi esprimono una profonda gratitudine e affermano di sentirsi cercati e protetti come da una madre, avvertono la mia vicinanza come quella di Maria ai piedi della Croce e questo dà loro la forza di cambiare”.
La luce di Cristo oltre le grate
La storia non finisce qui. Dalla corrispondenza che la religiosa ha con i detenuti, sono nate le pubblicazioni di diversi libri, come Un raggio di sole oltre le grate e Dalle tenebre alla luce, nei cui titoli ricorre il messaggio di luce e amore che è Cristo: “L’obiettivo è sempre portare la buona notizia del Vangelo che l’amore di Dio verso di noi non si spegne, nemmeno con i nostri errori o i nostri fallimenti – afferma - questa certezza apre il nostro cuore alla speranza di cambiare”. Quella speranza che è protagonista del Giubileo in corso, in preparazione al quale, suor Cristiana ha fatto recapitare negli istituti di pena con i quali è in contatto, settemila copie del suo ultimo libro Dalle tenebre alla luce, dove ha riunito alcune delle riflessioni più importanti alle lettere più significative che le hanno scritto i ristretti. In primavera, poi, sarà messo in scena anche un musical tratto da queste esperienze, intitolato Oltre le grate, che si spera possa essere rappresentato anche in carcere.
Carcere e clausura: due reclusioni diverse ma con affinità
A Viterbo, nell’Archivio generale della Federazione delle Clarisse Urbaniste d’Italia, è conservato un manoscritto del XVII secolo in cui vengono individuati alcuni punti di contatto tra la vita claustrale e quella carceraria: “Certamente la solitudine e il silenzio, che consente di entrare in se stessi, fare chiarezza e permette di entrare al Signore che è lì che ci aspetta – conclude suor Cristiana – e poi aggiungerei le grate: ogni volta che mi confronto con i reclusi, infatti, condividere questa separazione dal resto del mondo mi fa sentire come in famiglia o tra amici, come una di loro, e so che questa sensazione è reciproca”.
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