Osservatorio VCC

domenica 19 gennaio 2025

 

Suor Linda Pocher: «Lavoro insieme a Papa Francesco per smaschilizzare la Chiesa. Gesù insegna la parità davanti a Dio»

di Francesca Visentin

Suora, teologa e filosofa, il pontefice le ha affidato il compito di lavorare per la parità: «Donne diacone, si va avanti. Nella Chiesa asimmetrie di potere da risolvere come nel resto della società»

«Il maschilismo è una realtà contraria al Vangelo, la direzione giusta è la valorizzazione di donne e uomini». Parole di Papa Francesco, che hanno innescato un percorso di «smaschilizzazione» della Chiesa, chiamato proprio così. In prima linea c’è una suora, teologa e filosofa friulana, suor Linda Pocher, docente di Cristologia e Mariologia alla Pontificia facoltà Auxilium di Roma e nella Pontificia Accademia Mariana Internazionale, a cui il pontefice ha affidato il compito di lavorare per la parità. Su mandato del Papa suor Linda Pocher ha organizzato, sia per lui che per il Consiglio dei cardinali, incontri di formazione sul tema. Un lavoro raccolto nel libro Smaschilizzare la Chiesa (Edizioni Paoline) con la prefazione di Papa Francesco, che illustra i molti modi in cui nella Chiesa la differenza di genere è stata interpretata e attuata come disparità. Nel volume, Linda Pocher con Lucia Vantini e Luca Castiglioni affrontano i nodi critici, liberando il Vangelo dalle interpretazioni che hanno nascosto e emarginato le donne. Proprio il Papa ha ribadito più volte: «Uno dei grandi peccati che abbiamo avuto è “maschilizzare” la Chiesa», anche davanti alla Commissione teologica internazionale. Su questi temi si sono confrontati fino a sabato 18 gennaio a Padova sacerdoti, teologi e teologhe nel convegno «Smaschilizzare la Chiesa? Per una Chiesa di donne e di uomini», organizzato da Istituto superiore di Scienze religiose di Padova e Irecoop Veneto. E suor Pocher ha ribadito la necessità di una presenza femminile paritaria all’interno della chiesa.

Suor Linda Pocher, la chiesa marginalizza le donne, soprattutto al vertice?
«Il contesto è particolarmente maschile e ci sono assimetrie di potere, come in ogni altro ambito della società».

Cosa significa «smaschilizzare» la chiesa?
«È una espressione utilizzata da Papa Francesco, che sente l’esigenza di dare più spazio alle donne, di eliminare disparità. Da questo è nato un itinerario formativo con i cardinali. Gesù ha sempre dato pari dignità a uomini e donne. Ora il tempo è maturo per riscoprire questa buona notizia: la parità davanti a Dio».

Lei ha spiegato che le riflessioni contemporanee partono dal confronto critico sul principio «mariano-petrino» del pensiero di Hans Urs von Balthasar.
«È un pensiero che dovrebbe valorizzare le differenze, ma che in realtà marginalizza le donne idealizzandole e funziona come legittimazione di privilegi e ingiustizie. Oggi cerchiamo di dare vita a una cultura del “noi”, della complessità, dell’interconnessione, di libertà della e nella differenza».

E la questione del diaconato femminile?
«Le ricerche in materia dimostrano che non ci sono impedimenti teologici, ma rimane un tema di forte polemica, soprattutto a livello gerarchico ancora non c’è accordo. Se ne è parlato anche durante il Sinodo e la grande novità del Sinodo è proprio il fatto che il Papa ha dato la possibilità di discutere in un luogo riconosciuto istituzionalmente di temi che erano quasi tabù come l’ordinazione delle donne. Adesso ci sta lavorando un gruppo di studio interno al Vaticano: è un percorso che arriverà a un risultato».

Quanto tempo ci vorrà ancora perché il diaconato femminile diventi realtà?
«Il Papa vuole che ci sia un sufficiente consenso ecclesiale, che ancora deve maturare. Ma è un percorso avviato».

Oggi in tante parrocchie le donne, anche laiche, per la carenza di sacerdoti, hanno l’abilitazione a dare la comunione. Un’esperienza già avviata in tante città d’Italia, che sta facendo anche la diocesi di Padova.
«Per la Chiesa la condizione della donna oggi non è certo quella di 70 anni fa e questo tipo di realtà già operative, i ministri e le ministre straordinarie della comunione, sono segnali precisi. Quello che deve ancora maturare è la parte istituzionale giuridica».

Arriverà la parità di genere dentro la Chiesa?
«È una questione di giustizia. Va realizzata perché è giusto, non per una questione di marketing. E nel rispetto del Vangelo: Gesù è sempre andato oltre le differenze di genere e ha sempre dato pari dignità a uomini e donne. All’origine dell’esperienza cristiana c’è forte parità davanti a Dio, è tempo di riscoprirla».

La Bibbia è maschilista?
«Se ci si slega da visioni stereotipate, nella lettura di scene bibliche che riguardano Maria, si intravede una storia di forte protagonismo femminile: oltre che madre di Gesù è discepola, educatrice, lo introduce al mondo esperienziale e lo porta a dispiegare le ali».

Pensa che il diaconato femminile farà aumentare i fedeli o li allontanerà?
«Ci saranno persone nuove che si avvicineranno alla Chiesa e altre invece ne saranno infastidite e potrebbero allontanarsi. Ma è un cambiamento giusto e necessario».



Cattolicesimo e istituzioni nevrotiche

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lunedì 13 gennaio 2025

Suor Daria Panast

 

Ucraina, la storia di una suora ferita dalle bombe: aiuto la gente a non chiudere il cuore

Daria Panast, religiosa della Congregazione di San Giuseppe, racconta il suo servizio a Kharkiv, città martellata dai bombardamenti russi: quando sono stata colpita sembrava che la mia vita stesse per finire. "Da un lato percepisci che Dio non ti abbandona, dall'altro ti chiedi se sei davvero pronta a dare la vita fino alla fine”

Svitlana Dukhovych - Città del Vaticano

Suor Daria Panast, della Congregazione di San Giuseppe, ha subito gli orrori della guerra non solo nell'anima ma anche nel corpo: nel gennaio 2023 lei e un sacerdote greco-cattolico sono rimasti feriti vicino al villaggio di Lyptsi, nella regione di Kharkiv, in seguito a un attacco di artiglieria dell’esercito russo che ha colpito la vettura della Caritas locale a bordo del quale i due viaggiavano assieme a due operatrici. Sono passati quasi due anni da quell’evento e suor Daria continua a svolgere il suo servizio nella città insieme a un’altra consorella. In un'intervista rilasciata ai media vaticani, la religiosa parla della sua esperienza, in cui si intrecciano sentimenti umani di paura e sofferenza alla consapevolezza del bisogno di affidarsi a Dio, di riconoscere la sua presenza nelle persone e nelle circostanze.

                                 Suor Daria Panast in studio durante l'intervista ai media vaticani

Fiducia in Dio oltre la paura

«I momenti più difficili - racconta la religiosa - sono quando avvengono i bombardamenti. Spesso accade di notte, quando non te lo aspetti. È difficile anche quando sono molto vicini. Naturalmente prego il Signore per ci protegga, ma sono umana e c’è sempre la paura che il prossimo missile possa colpire la nostra casa. Uno dei momenti più pesanti è stato quando sono stata ferita. Sembrava che la mia vita stesse per finire. In un certo senso avevo dei sentimenti contrastanti. Da un lato senti che Dio non ti abbandona, ma dall'altro ti chiedi umanamente se sei davvero pronta a dare la vita fino in fondo». La religiosa supera la paura e la sofferenza «affidando tutto - dice - nelle mani di Dio e vivendo giorno per giorno»: «Questa è l'unica cosa che mi fa andare avanti e non mi permette di disperare».

Dove la fede è stata spezzata

Dopo essersi ripresa dalle ferite, suor Daria Panast, che proviene dall’ovest dell’Ucraina, ha deciso di rimanere a Kharkiv che, come tutto l’est Paese, in un certo senso può essere considerato un territorio del primo annuncio cristiano. Tanti anni di propaganda ateista hanno lasciato segni profondi, è stata interrotta la catena della trasmissione della fede da una generazione all’altra. «Però - sostiene la religiosa - sento che qui mi sto radicando. Mi piace molto la semplicità e l’apertura della gente locale. Davvero sono alla ricerca di Dio, hanno il desiderio di conoscerlo. Poi alla Caritas dove lavoro incontro molte persone e vedo quanti di loro stanno soffrendo, per cui voglio stare con loro. Sento che Dio vuole che io sia lì e Lui è sicuramente lì con me».

La strada per ogni cuore

Nonostante le serie sfide suor Daria trasmette serenità, risultato del suo impegno e della preghiera di tutti i giorni. «Ogni mattina - rivela - chiedo a Dio una benedizione per me e per le persone che incontrerò e ogni volta che parlo con qualcuno, prego nel mio cuore per quella persona e chiedo a Dio di darmi le parole giuste per guarire il suo cuore. Capisco che a volte le parole possono essere inutili, ma il Signore conosce la strada per ogni cuore».

Suor Daria nella fila in basso a sinistra con alcune donne ucraine mentre mostrano disegni e dipinti

Angelo custode in ospedale

Quando intorno c’è tanta sofferenza e gli effetti del male sono tangibili, diventano più visibili per contrasto la generosità e le opere improntate al bene, che in tempi di tranquillità non erano così visibili. «Per me - osserva suor Diana - un chiaro segno di Dio è stato quando ero in ospedale dopo il bombardamento. C'era un giovane medico, che era ancora in fase di tirocinio. È stato davvero molto bravo nel curare la mia ferita che era piuttosto grave. Faceva sempre molte domande ed era molto attento. Ho pensato che attraverso questo giovane tirocinante il Signore mi ha mostrato che non mi aveva abbandonata».

La guerra ha cambiato tutto

Dall’inizio della guerra su larga scala sono passati quasi tre anni. Molte persone in Ucraina si sentono stanche ed esauste. «Che atmosfera si respira tra la gente a Kharkiv?», chiediamo alla religiosa. «La gente - risponde - vuole essere libera, questo è certo. Si, sono esausti, ma allo stesso tempo c'è un grande cambiamento, le persone stanno ripensando la loro vita. Nella nostra parrocchia sono venute molte persone nuove con le quali abbiamo dovuto ricominciare da zero: spiegare chi è Dio, cosa significa il segno della croce, ecc. Loro ci dicono che hanno completamente cambiato la loro visione della vita: hanno rinunciato a tante cose futili, i rapporti tra le persone sono mutati, le famiglie hanno iniziato a vivere in modo diverso. Kharkiv sta semplicemente cambiando e questa è una verità che non si vede con gli occhi, bisogna percepirla nel proprio animo. Le persone stanno davvero cambiando, vogliono essere un popolo, avere una propria identità, un'identità ucraina». Suor Daria aggiunge che è cambiato anche il modo di percepire i propri connazionali dell’ovest del Paese, perché a causa della guerra tanti hanno dovuto spostarsi anche in quelle regioni e hanno visto come stanno realmente le cose e si sono liberati da idee e pregiudizi imposti in passato dal regime sovietico.

Il lavoro è preghiera

«Qual è la cosa più importante per le persone consacrate in Ucraina oggi dal punto di vista spirituale?», domandiamo alla fine a suor Daria. La risposta è diretta: «Rimanere aggrappati al Signore, coltivare la preghiera, la preghiera interiore. Però la preghiera, il lavoro o il riposo sono tutti molto intrecciati nella vita consacrata. A volte il lavoro dedicato a Dio diventa preghiera».

Intervista al Cardinale De Aviz