La prefetta Brambilla: I consacrati siano tracciatori di sentieri nella Chiesa sinodale e missionaria
di Sara Fornaro
Suor Brambilla, prefetta del Dicastero per la vita consacrata: «Vogliamo davvero rispondere all’invito del Santo Padre a diventare “esperti di sinodalità”, coltivando l’unità, il perdono chiesto, dato e ricevuto, distaccandoci da tutto ciò che divide, da ogni forma di autoreferenzialità, chiusura e rigidità».
Per la prefetta, che è stata sul palco con il papa ed è stata accolta con un caloroso applauso e grande affetto dalla platea, «l’immagine della luce custodita nel cuore e messa in connessione con altre luci è stata particolarmente suggestiva: noi consacrati e consacrate non possediamo la Luce. Ne siamo umile riflesso ed espressione, siamo “piccole luci”, che uniti a Gesù, Luce del mondo, e in Lui tra noi, possiamo tracciare un sentiero luminoso. Tracciatori di sentieri: è una bella immagine per noi consacrati nella chiesa sinodale e missionaria, una Chiesa che vuole camminare assieme, come Popolo di Dio inviato in missione, ad annunciarlo, ad essere riflesso umile della Sua Luce».
Il Santo Padre, aggiunge suor Brambilla, «ha voluto invitarci a riflettere sulla sinodalità, vista come “domestico dialogo”, intenso e familiare. Ci ha affidato in modo speciale questo “domestico dialogo” per “un continuo rinnovamento del Corpo di Cristo nelle relazioni, nei processi, nei metodi”, coltivando “l’ascolto reciproco, la partecipazione, la condivisione di opinioni e capacità, la ricerca comune di cammini secondo la voce dello Spirito”».
Parlando a nome del Dicastero che guida e dei consacrati, la prefetta spiega che «vogliamo davvero rispondere a questo invito del Santo Padre a diventare “esperti di sinodalità”, coltivando l’unità, il perdono chiesto, dato e ricevuto, distaccandoci da tutto ciò che divide, da ogni forma di autoreferenzialità, chiusura e rigidità, consapevoli che la nostra speranza non si radica nel potere, nella imponenza, nella visibilità, “non si fonda sui numeri o sulle opere, ma su Colui nel quale abbiamo posto la nostra fiducia e per il quale nulla è impossibile”».
Tra le migliaia di consacrati presenti c’era anche Giuseppina Di Leone, consacrata nel mondo, impiegata presso la Fondazione Antiusura “Don Carlo De Cardona” di Cosenza. Il prossimo anno festeggerà i 25 anni di consacrazione. Una scelta fatta da ragazza, quando era fidanzata e si interrogava sul futuro e si chiedeva se la vocazione matrimoniale fosse davvero la sua strada. Cresciuta in una famiglia dalla fede salda, dopo una “ribellione” avvenuta nell’adolescenza, Giuseppina si era poi riavvicinata alla fede. «Gesù – racconta – è sempre stato mio amico».
Verso i 17 anni mi sono resa conto che eravamo passati «da un’amicizia ad un fidanzamento». Dopo un lungo discernimento, Giuseppina è stata consacrata nell’antico Ordo Virginum, l’Ordine delle vergini, ripristinato nel 1970 da papa Paolo VI. Una scelta, spiega, compiuta soprattutto per i due principi che lo caratterizzano: «la sponsalità, l’essere immagine della Chiesa Sposa, restando radicata nella Diocesi, camminando insieme a tutto il popolo di Dio e condividendo le gioie e le fatiche di tutti».
Giuseppina ha deciso di venire a Roma per il giubileo per «un’esigenza personale di allargare un po’ gli orizzonti rispetto a quello che vivo nella mia quotidianità» e anche per la possibilità di «poterci incontrare con altre forme di vita consacrata insieme alle stesse amiche con cui vivo il quotidiano, in un evento di questa portata». Per Giuseppina il messaggio del papa «è stato confortante. È stato un invito e una provocazione molto forte a rimanere radicati in Cristo, con lo sguardo all’interiorità, a lasciarci incontrare per poter incontrare anche gli altri, continuando a camminare con chi incrociamo sul nostro cammino alla pari, riconoscendo la la dignità reciproca e il dono che ognuno ha, sentendosi più consapevoli del dono ricevuto e cioè dell’incontro con Gesù Cristo e della possibilità di condividerlo con gli altri».
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