venerdì 4 aprile 2025

Storie missionarie

 

Benin, l'importanza di raccontare storie missionarie

Suor Ivančica Fulir (Foto Saša Ćetković)

Suor Ivančica Fulir, missionaria nel Paese africano, spiega l'importanza di diffondere l'opera di coloro che si spendono per il prossimo. "Tante buone azioni rimangono nascoste. Se più persone sapessero di loro, si potrebbe fare molto di più"

Nata e cresciuta in Croazia, suor Ivančica Fulir sognava fin da piccola di diventare missionaria. "Quando avevo solo sette anni, ho espresso il mio desiderio: che un giorno sarei andata in Africa e avrei aiutato i bambini di lì. Ma ero una bambina malaticcia, e mia madre mi disse che non sarei durata due giorni in Africa", ricorda. Nonostante le obiezioni della sua famiglia, una suora la rassicurò che Dio protegge coloro che manda, dicendo che non le sarebbe successo nulla di male. Lo stesso giorno, suor Ivančica decise che, con l'aiuto di Dio, avrebbe dedicato la sua vita alle missioni.

Suor Ivančica, laureata in economia e impiegata come project manager, si prodiga a raccogliere fondi per la costruzione di un orfanotrofio in Benin. È quell'occasione che la porta a fare volontariato per nove mesi in Benin, assieme alle Suore della Madonna della Medaglia Miracolosa. Un'esperienza che le cambia la vita. Al ritorno in Croazia, arriva la scelta di entrare in quella stessa Congregazione, con il cuore rimasto in Africa. Dopo ripetute richieste, nel 2020, ottiene dalle sue superiori il permesso di tornare in Benin.

Servire 3.800 bambini in Benin

Attualmente, a Porto Novo, suor Ivančica lavora a un programma che garantisce finanziamenti, procura e distribuisce cibo e supervisiona la preparazione e la distribuzione di pasti caldi a 3.800 bambini in cinque scuole elementari. Ha anche messo in contatto i benefattori della sua nativa Croazia con le suore del Paese per aiutare a costruire una terza clinica medica nel villaggio di Banigbé-Gare. Un altro dei suoi apostolati include l'assistenza, nel villaggio di Affame, un orfanotrofio per ragazze gestito da suore religiose. "Nelle missioni, non c'è mai carenza di lavoro - spiega - ma quando i nostri cuori rimangono aperti ai bambini e alle persone che ci circondano, Dio ci dà una forza incredibile per realizzare ciò che deve essere fatto".

I missionari devono raccontare le loro storie

Suor Ivančica, già durante il periodo di volontariato in Benin, aveva capito l'importanza per i missionari della comunicazione. "Sono rimasta scioccata da quanto poco la gente in Croazia sapesse dei propri missionari. Tante buone azioni rimangono nascoste e se le persone ne venissero a conoscenza, sarebbero ispirate a fare di più. Come disse una volta un missionario, ciò che non viene detto rimarrà sconosciuto". La religiosa crede profondamente che i missionari debbano condividere ciò che sperimentano e sentono nel loro cuore. "Queste storie incoraggiano le persone a diventare le nostre mani tese perché non possiamo fare da soli. Un vecchio proverbio africano dice che 'se vuoi andare veloce, vai da solo. Se vuoi andare lontano, vai insieme' ". Tutto questo ha portato suor Ivančica a scrivere sulla vita missionaria, prima per una rivista cattolica e poi condividendo la sua vita quotidiana sui social media. "Quando sono andata in Ucraina come missionaria - aggiunge - ho visto quanti volontari sono stati ispirati a venire ad aiutare semplicemente perché hanno letto le storie".

Suor Ivančica Fulir nella vita missionaria quotidiana. (Foto Saša Ćetković)

I social media, un potente strumento per i missionari

Secondo suor Ivančica, le storie condivise dai missionari offrono un contrappeso tanto necessario alle notizie prevalentemente negative dei media. "La Buona Novella è l'antidoto alla tristezza, alla disperazione e alla negatività. Cerco di condividere la nostra vita quotidiana da una prospettiva positiva, rivelando la presenza di Dio nei nostri incontri ed esperienze". Sebbene le storie di vita missionaria spesso evidenzino la sofferenza, adotta un approccio diverso. "In ogni bambino, in ogni malato, Cristo è presente, spesso è un Cristo sofferente, ma l'attenzione non deve essere sulla sofferenza stessa, ma sul cammino con Gesù fuori dalle difficoltà e dentro la gioia della Risurrezione".

I social medial permettono anche a migliaia di persone di rimanere in contatto con i missionari e pregare per loro e per le persone che servono. "Sapere che così tanti ci stanno sostenendo con la preghiera fa un'enorme differenza. So di non essere sola".

Le sfide della condivisione sui social media

La comunicazione non è un compito facile per i missionari, prosegue suor Ivančica. "Ci vuole molto tempo e a volte le persone non capiscono, ma i frutti ne valgono la pena." Si parte da sfide tecniche, come frequenti guasti alle apparecchiature a causa di condizioni climatiche, interruzioni di corrente e accesso a Internet inaffidabile. Ma sfide ancora più grandi nascono dalle differenze culturali e tradizionali tra l'Africa e l'Occidente. "A volte, quando condivido scorci della vita quotidiana in Africa, trasmetto qualcosa che il pubblico occidentale non capisce e potrebbe giudicare duramente - aggiunge suor Ivančica. - i modi di lavorare, di essere genitori e di festeggiare qui sono diversi. Se queste differenze non vengono spiegate con attenzione, possono essere fraintese e persino diventare controproducenti".

Nonostante queste sfide, suor Ivančica continua a condividere storie sulla "sua Africa", portando alla luce in tutto il mondo la realtà quotidiana dei missionari. "Se attraverso le storie che condivido sulla vita missionaria viene toccato un solo cuore - conclude - è un dono di Dio".

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